
Expo 2015 la sostenibilità alimentare è anche quella dei cani e gatti
Expo 2015 è terminato, la manifestazione internazionale nata intorno al concetto del “Nutrire il Pianeta”. Un tema con cui dovremo confrontarci visto il crescente numero di persone che in futuro popoleranno la Terra. Un Expo 2015 che ha avuto anche un’appendice a quattrozampe realizzata dall’Unione Italiana Società Veterinaria (Unisvet) che, in collaborazione con Hill’s Pet Nutrition, ha voluto approfondire la sostenibilità nutrizionale dei mangimi, l’obesità degli animali e la nutrigenomica.
Andrea Dorcaratto, coordinatore scientifico di Unisvet, di cui è stato presidente, ha evidenziato come il sempre maggior numero di persone che possiedono un cane o un gatto stiano maturando sensibilità verso l’importanza di una corretta alimentazione nella prevenzione delle malattie per i loro quattrozampe. Una sensibilità che però porta con sé gli stessi errori che l’uomo commette nella propria alimentazione personale che portano a sprechi e obesità.
Come nell’alimentazione umana, spesso la produzione degli alimenti per animali si orienta più alla domanda del consumatore che alle loro reali esigenze alimentari. «I nostri animali hanno bisogno di sostanze nutritive specifiche, non di ingredienti» sottolinea il dr. Dorcaratto e individua alcune viene che i produttori di cibo dovrebbero seguire per evitare gli sprechi e, addirittura, la competizione fra le due realtà: scegliere fonti proteiche alternative, creare diete ottimali per ridurre gli sprechi e focalizzarsi su un corretto riciclo dell’alimentazione umano sono alcuni spunti per un miglioramento della sostenibilità nell’immediato futuro.
E proprio la sostenibilità nutrizionale dei mangimi per gli animali da compagnia è stato al centro dell’intervento della dr. Eleonora Fusi, ricercatrice dell’Università di Milano e responsabile del servizio di nutrizione clinica. «Gli ingredienti sono un buon mezzo per determinare la qualità del pet food?» si interroga la ricercatrice e la risposta sta nel ricordare che «cane e gatto necessitano di nutrienti e non di ingredienti». In quest’ottica si allarga lo spettro delle fonti di alimentazione per i quattrozampe, ricordando ovviamente le importanti differenze fra cane e gatto, “opportunista” il primo e “carnivoro” il secondo.
Un percorso che deve però passare da un’adeguata educazione dei proprietari, perché siano pronti a capire che sul mercato dell’alimentazione animale si possono affacciare anche nuovi fonti proteiche come le farine di insetti, una valida alternativa alle attuali e classiche farine di carne: «gli insetti sono comunemente consumati dai gatti selvatici e contribuiscono a circa il 6% della loro dieta». E non solo: la fibra di mais, la crusca di riso, polpe di agrumi, amaranto, quinoa, grano saraceno possono essere altri elementi importanti che i produttori potrebbero includere nell’alimentazione alimentare valorizzandone le diverse specificità.
L’olandese Hein Mayer, responsabile del canale veterinario di Hill’s, ha affrontato il tema della “nutrigenomica” che è cosa diversa dalla “nutrigenetica”. La prima è la scienza che studia i nutrienti in grado di influenzare l’espressione genica, mentre la seconda è lo studio per individuare una dieta personalizzata sulla base dei geni dell’animale. Nel caso della “nutrigenetica”, confrontando i profili di animali affetti da patologie e quelli di animali sani, è possibile selezionare nutrienti che portino il soggetto malato ad avere una espressione genica simile a quella del soggetto sano. Una strategia alimentare che per esempio nei casi di obesità può raggiungere un duplice risultato: riuscire a farli dimagrire con maggiore facilità e mantenere il peso ideale.
Fonte: lastampa.it