
Santeramo, centinaia di cani lasciati morire nel ‘canile degli orrori’
Il canile degli orrori: Prelevava dalla strada centinaia di cani, fra cuccioli e adulti, randagi e abbandonati che venivano ammassati a centinaia all’interno di un terreno recintato – una vera e propria prigione da cui non avevano alcuna possibilità di fuga – dove erano lasciati a sé stessi senza cure, senza acqua, senza alcun riparo dalla pioggia o dal sole e con pochissimo cibo. Quando non erano falcidiati dalle malattie, i cani meno resistenti morivano di fame e di inedia, mentre quelli più combattivi scatenavano zuffe e combattimenti per accaparrarsi il poco nutrimento disponibile.
Nel ‘terreno degli orrori’, un appezzamento occupato abusivamente a Santeramo in Colle (Bari), centinaia di cani sono morti fra il 2008 e il 2014 con una fine lenta e dolorosa, mentre i loro resti sono stati fatti sparire seppellendoli nelle campagne circostanti. Per tutto questo è stato prima denunciato dall’Enpa, l’Ente nazionale protezione animali, e ora rinviato a giudizio un 56enne di Santeramo in Colle che deve rispondere dei reati di uccisione e di maltrattamento di animali (articoli 544 bis e ter del Codice penale) nonché del reato di invasione di terreni e di edifici, dal momento che l’area adibita a prigione dei cani è risultata essere occupata abusivamente.l processo – fa sapere l’avvocato dell’Enpa, Claudia Ricci – si aprirà il 9 marzo 2016 “e in quell’occasione presenteremo richiesta di ammissione quale parte civile”. “Considerando la gravità dei fatti di cui è accusato l’imputato – rimarcano i responsabili dell’Enpa – si auspica che in caso di condanna sia inflitto il massimo della pena, con tutte le aggravanti del caso”.
ll processo – fa sapere l’avvocato dell’Enpa, Claudia Ricci – si aprirà il 9 marzo 2016 “e in quell’occasione presenteremo richiesta di ammissione quale parte civile”. “Considerando la gravità dei fatti di cui è accusato l’imputato – rimarcano i responsabili dell’Enpa – si auspica che in caso di condanna sia inflitto il massimo della pena, con tutte le aggravanti del caso”.
Fonte: bari.repubblica.it
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