
Alcune comuni idee sui cani su cui ci sbagliamo
Ecco alcune credenze errate sui cani. Errate perché attribuiamo al cane il nostro punto di vista umano. La sua percezione del mondo circostante è diversa dalla nostra.
Alexandra Horowitz è una psicologa cognitiva, esperta e amante de cani e autrice di “Come pensa il tuo cane. Tutti i segreti del migliore amico dell’uomo”; qui mostra come sia errato attribuire al cane pensieri prettamente umani. Dobbiamo imparare a uscire dai panni umani e provare a vedere il mondo come lo vedrebbe il cane. Facciamo alcuni esempi.
Credenze errate sui cani: gli abbracci
Purtroppo al vostro cane non piace essere abbracciato; noi adoriamo essere abbracciati, ma ciò non significa che lo stesso valga per il nostro amico Fido. Ci sono sì cani a cui piacciono gli abbracci, ma pochi. Anche altri professionisti che lavorano coi cani concordano su questo fatto. È duro sentirselo dire: il nostro cane fa parte della famiglia e perciò viene abbracciato; se ci sembra che gli vada bene, spesso è perché ci lascia fare.
“La ragione per cui diciamo che non amano essere abbracciati è quello che fanno quando qualcuno li abbraccia abbassano le orecchie del cane, si leccano le labbra, una specie di leccata d’aria”, dice Horowitz, “oppure i cani sbadigliano, o si muovono per allontanarsi. Insomma, sono spesso infastiditi“.
Vista o olfatto?
Un’altra delle credenze errate sui cani è questa: essi vedono il mondo innanzi tutto grazie all’olfatto, non alla vista. “Ti guardano”, dice Horowitz, “ma poi usano l’odore per sapere che sei tu“. Invece noi umani, come ben sappiamo, esploriamo il mondo tramite la vista; se sentiamo un odore ci guardiamo intorno per individuarne con gli occhi l’origine. Invece il vostro cane, quando vede qualcosa o qualcuno, si avvicina per annusarlo per capire di cosa o di chi si tratta.
Senso di colpa o timore?
Un’altra comune credenza da sfatare è inerente al presunto senso di colpa del cane per aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare; il suo sguardo esprime in realtà paura. Secondo lo studio di Horowitz “Interpretare lo sguardo colpevole: istruzioni per capire un comportamento familiare del cane”, noi interpretiamo le emozioni del cane attraverso il metro delle nostre emozioni; “usiamo il linguaggio della spiegazione umana, e lo applichiamo al cane”. Non è provato né è probabile che i cani riflettano sulle loro azioni e decidano di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Il dominio serve davvero?
Ecco un altro punto: i cani non hanno bisogno di essere “dominati”, diversamente da quanto si ritiene. Questo errore deriva dal fatto che li equipariamo ai lupi. E anche se è vero che cani e lupi sono parenti, la loro evoluzione non è la stessa. Ad esempio, il concetto di gerarchia che fa sì che molti padroni usino verso il loro cane il dominio come mezzo di obbedienza. Ma i cani non hanno più un territorio da difendere o cibo per cani da procacciarsi, per cui il senso della gerarchia per loro non funziona più”, sostiene Horowitz.