Russia 2018: cani e gatti randagi a rischio uccisione

Russia 2018: cani e gatti randagi a rischio uccisione

Russia 2018: animali randagi a rischio di uccisione

In vista dei Mondiali di Calcio Russia 2018, che si terranno dal 14 giugno al 15 luglio, gli animalisti denunciano la volontà di avvelenare cani e gatti randagi. La campagna di sterminio coinvolgerebbe le undici città che ospiteranno i mondiali, come era già successo per i giochi invernali di Sochi nel 2014. I cani e gatti randagi in Russia si stima che siano circa due milioni. Il governo russo respinge le accuse ma le organizzazioni locali denunciano battute di caccia e soppressioni di massa, con metodi di uccisione brutali.

Non perderti i nostri articoli.

Russia 2018: eliminare cani e gatti dalle strade

Secondo gli animalisti, il governo avrebbe messo a disposizione una somma per il massacro dei quattro zampe che vivono in strada, giustificato dalle autorità per motivi di igiene pubblica e di immagine. La direttrice dell’organizzazione animalista City animal protection foundation, Ekaterina Dmitrieva, ha lanciato una petizione in cui chiede al premier russo Vladimir Putin, all’allenatore della nazionale russa Stanislav Cherchesov e al presidente della Fifa Gianni Infantino di fermare questo massacro. 

Gli animali che vagano per le città costituiscono un problema e possono danneggiare l’immagine dei mondiali. E’ questo il motivo che risiede dietro alla campagna di sterminio messa in atto in vista dei giochi estivi. Il governo russo ha respinto le accuse che gli sono arrivate dalle diverse associazioni animaliste, dicendo che le somme di denaro sono state stanziate per realizzare rifugi per cani e gatti randagi, dove gli animali potranno essere curati, vaccinati e sterilizzati.

Le associazioni denunciano che i soldi sono stati invece destinati all’acquisto di veleni e al reclutamento di squadre per sopprimere i pelosi senza dimora. Il capo del comitato per la protezione ambientale della Camera russa ha invitato il ministro dello sport a intervenire per chiedere che vengano praticati metodi umani per la gestione del problema degli animali randagi, affermando che ne va della reputazione del paese.